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saffo

2013-01-08, gpdimonderose

Saffo passò in quell'isola la maggiore parte della sua vita. Però, la sua esistenza fu per un certoperiodo sconvolta da sanguinose guerre civili, fomentate da fazioni aristocratiche avverse, feroci omicidipolitici e sanguinosi colpi di stato. In effetti la poetessa e i suoi familiari, appartenenti moltoprobabilmente ai Cleanattidi, furono costretti all'esilio (I.G. XII 5, 36, 51b) per alcuni anni in Sicilia (Cic.in Verrem IV 57), quando gli abitanti di Mitilene, nella speranza di fare cessare la violenza politica,intorno al 597 a.C. affidarono il potere assoluto per dieci anni a Pittaco, che in precedenza aveva dato unabrillante prova delle proprie capacità militari e politiche guidandoli nella vittoriosa guerra del Sigeocontro gli Ateniesi (Strab. XIII 1, 38 e 2, 3).Oltre a questa notizia, abbiamo scarsissimi dati biografici che la riguardano. Le informazioni raccoltenel tardo lessico Suda (s 107 Adler), tuttavia sembrano desunte nella loro totalità o dai carmi dellapoetessa o dalle elucubrazioni degli antichi. L'estensore della biografia ricorda che Saffo, figlia diScamandronimo e di Cleide, nacque a Ereso nell'isola di Lesbo, fu contemporanea di Alceo (Athen. XIII599c-d; Hier. Chron. Ol. XLV) e di Stesicoro, ebbe tre fratelli, Larico, Carasso ed Eurigio, fu sposata conCercila, un uomo ricchissimo, oriundo dell'isola di Andro, dal quale ebbe un'unica figlia, chiamata Cleide.Scrisse canti lirici, compose anche epigrammi, elegie, giambi e monodie (Chamael. fr. 27 Wehrli),avrebbe inventato il plettro e la phktiv", una sorta di arpa (vd. Athen. XIV 635b). Ebbe come compagne eamiche Attide, Telesippa e Megara, con le quali fu accusata di intrattenere turpi relazioni. Sue allievefurono Anagora (o Anattoria?) di Mileto, Gongila di Colofone ed Eunica di Salamina. Quest'ultimainformazione è confermata da un papiro del II sec. d.C., in cui un anonimo commentatore afferma cheSaffo trascorse la sua vita educando in serenità non solo le ragazze più nobili del luogo, ma anche quelleprovenienti dalla Ionia, e che fu tenuta in altissima considerazione dai concittadini, i quali le avrebberoconcesso a Mitilene la proedria della festa in onore di Afrodite (P.Colon. II 61 fr. a).Abbiamo difficoltà a riconoscere ulteriori accenni riguardanti gli avvenimenti pubblici contemporaneinei versi di Saffo, perché la poetessa, quando ne parla, lo fa con un'ottica femminile, conforme alleaspettative o gli interessi del proprio uditorio, principalmente costituito da donne (frr. 98 b; 103; 155).Inoltre dobbiamo tener conto che quanto rimane dei suoi componimenti fu selezionato principalmente inossequio ai criteri estetici, miranti a tramandare i brani, in cui fossero evidenti le eccezionali doti poetichedi raffinatezza e di ricercata eleganza dell'autrice.2. Le opereSe poche sono le notizie che abbiamo sulla vita, altrettanto carenti sono le informazioni relative allesue opere, ai modi della loro esecuzione e della trasmissione fino all'epoca ellenistica.
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3Saffo operò, infatti, seguendo le norme tipiche della cultura a lei contemporanea, e risentì fortementedelle pratiche tradizionali della composizione all'improvviso e dell'auralità della comunicazione, anche sela scrittura era già conosciuta e praticata per registrare documenti meritevoli di essere conservati. In ognicaso i suoi poemi giunsero in forma scritta ad Alessandria, dove Aristofane di Bisanzio prima (III sec.a.C.) e Aristarco poi (II sec. a.C.) ne approntarono un'edizione.Aristofane provvide a ricostruirne la colometria, ridisponendo sulla pagina i versi che fino ad alloraerano tramandati in scrittura continua, come se fossero opere in prosa. Il dotto curatore provvide a suomodo, conformemente alle conoscenze dell'eolico parlato nella sua epoca, a normalizzarne la lingua, conl'intento di restituire i presunti tratti dialettali originari, oscurati dalla normalizzazione attica. Da ultimo ilfilologo suddivise l'intera opera in nove libri, adottando il criterio della distinzione in tipi metrici ecollocando gli epitalami nell'ultimo libro (Suda s 107 Adler; P.Oxy. XV 1800, una biografia anonima diSaffo; vd. Tullius Laurea A.P. VII 17, 6).Un altro criterio, basato sulla distinzione dei componimenti secondo generi poetici, fu applicatosuccessivamente per esigenze dettate dall'editoria libraria. Quest'ultima distinzione formale, però,nasconde non solo la difficoltà di comprendere appieno il significato di quei canti, ma anche l'ignoranzadelle modalità esecutive nonché l'indifferenza nei confronti delle occasioni concrete o delle circostanzespecifiche, che li avevano originati: in altri termini l'editore non teneva più conto del fatto che i carmifossero stati composti per un uditorio per lo più femminile e selezionato, comunque legato a pratichecultuali familiari non pubbliche, svincolate dalle manifestazioni religiose ufficiali della città.3. Tradizione e biografismoIl contemporaneo Alceo, che era in grado di comprendere l'effettivo ruolo di Saffo all'interno della suacerchia, riconosceva in lei una sacerdotessa di Afrodite (fr. 384 V.), ma nella generazione successiva,quando i canti della poetessa lesbia cominciarono a essere conosciuti e ricantati anche al di fuoridell'isola, gli estimatori non ne riconobbero l'intrinseca funzione cultuale all'interno dell'ambienteoriginario. Per esempio, già in pieno VI sec. a.C. essi erano cantati anche negli ambienti maschili delsimposio e Solone li apprezzava prevalentemente per la loro perfezione formale. A tale proposito Elianonarra che il poeta e statista ateniese volle imparare a memoria un canto di Saffo, dopo aver udito il nipoteche lo aveva eseguito durante una riunione conviviale, perché era stato spinto dal desiderio di conoscerloprima di morire (fr. 187 Hercher apud Stob. Flor. III 29, 58).Durante l'età classica la poetessa fu conosciuta soprattutto come esperta di argomenti erotici (Plat.Phaedr. 235c) e i commediografi attici, forzando la lettura dei suoi versi e usando in modo disinvolto leinformazioni biografiche reperibili, la rappresentarono di volta in volta come improbabile amante deigiambografi Archiloco e Ipponatte (Diphil. frr. 70-71 PCG), oppure come suicida a causa dell'amoreinfelice per il giovane Faone (Men. fr. 258 Kö.-Th. apud Strab. X 2, 9; Ampel. Mem. 8, 4; Ov. Heroid.15, 171s.; Alciphr. Epist. I 11, 4; Paus. Attic. f 4 Erbse; Phot. f p. 643, 25; Suda s 108 Adler). In etàellenistica il filologo Didimo compose addirittura un trattatello nel quale metteva in discussione lafondatezza di quelle dicerie (Sen. Epist. XI 88, 37). Mentre Orazio (Epist. I 19, 28) e Ovidio (Heroid. 15,19) non ne nascosero le inclinazioni omoerotiche, i successivi commentatori diedero esegesi castigate diquelle affermazioni (Porphyr. in Hor. Epist. I 19, 28, p. 362 Hold.; Dion. Lat. ad loc.). Infine Ninfodoronel III sec. a.C. immaginò l'esistenza di un'etera omonima della poetessa vissuta nell'isola di Lesbo(Athen. XIII 596e) per allontanare da Saffo la nomea di prostituta (vd. Aelian. V.H. XII 19; Phot. l 216,22; Suda h 521 Adler).D'altro canto alcuni poeti, in polemica con il ricorrente giudizio negativo e affascinati dalla bellezzadei suoi versi, la definirono decima Musa (Plat. A.P. IX 506, 2; Antipat. Sidon. A.P. IX 66, 2; Adesp. A.P.IX 571, 8), Musa di Ereso (Dioscorid. A.P. VII 407) o di Mitilene (Damocarid. A.P. XVI 310), Musamortale celebrata tra le Muse (Antipat. Thess. A.P. VII 14) o addirittura la considerarono il corrispettivofemminile di Omero (Antipat. Thess. A.P. IX 26).Specificamente lo Pseudo Demetrio, un ignoto retore ellenistico del III-II sec. a.C., nonché sofisticatocritico letterario, nel saggio Sullo stile esalta più volte l'abilità della poetessa all'impiego del lessico edello stile, mirabilmente adattati nelle sue odi ai temi cantati (De eloc. 127; 132; 140-141; 166-167):"Più aurea dell'oro" è un'espressione di Saffo (fr. 156) iperbolica e di per sé impossibile; tuttavia proprio nellasua intrinseca impossibilità ha la propria bellezza. Particolarmente, riguardo alla divina Saffo, dovremmo
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4stupirci della sua abilità di servirsi elegantemente di espedienti artistici, che sono naturalmente rischiosi edifficili da utilizzare ...Le forme della bellezza sono tante e di natura diversa. Alcune sono insite nei temi trattati, come i giardini delleNinfe, i canti nuziali, le vicende d'amore, tutta la poesia di Saffo. Tali temi sono belli anche se li trattasseIpponatte: é l'argomento di per sé che ispira una gioia piacevole ...L'impiego delle figure produce grazia e queste sono moltissime in Saffo. Per esempio, quelle basate sull'usodell'anadiplosi, come nel dialogo tra la sposa e la verginità, quando la sposa dice: "Verginità, verginità, dovete ne vai dopo avermi lasciata" e la verginità le risponde: " Mai più verrò da te, sposa, mai più verrò da te" (fr.114).Così si ottiene grazia maggiore che se non ci fosse la ripetizione del vocabolo e non fosse impiegata la figura.Nonostante l'anadiplosi sembra essere stata inventata per dare fervore al discorso, tuttavia in Saffo questimezzi stilistici, tipici della veemenza, vengono impiegati perché facciano scaturire grazia.Talvolta la poetessa utilizza anche l'anafora per ottenere il medesimo effetto, come nei versi rivolti a Vespero:"Vespero, che riporti tutto quello che la luminosa Aurora disperse: riporti la pecora, riporti la capra, porti viaalla madre la figlia" (fr. 104 a). Anche in questo caso la grazia è prodotta dalla ripetizione del verbo "riporti",riferito sempre allo stesso soggetto ...Della medesima specie sono le espressioni di Saffo "(lei) molto più dolce dell'arpa" e " più aurea dell'oro" (fr.156): tutte queste espressioni piene di grazia sono il risultato dell'anadiplosi ...Quando Saffo canta la bellezza, si avvale di parole belle e gradevoli, e cosi anche quando canta l'amore, laprimavera e l'alcione: ogni bella parola è intessuta nell'ordito del suo componimento e qualche volta lei stessale inventa. Quando, invece, nei matrimoni prende in giro lo sposo rustico oppure il portiere, si avvale di unlinguaggio molto ordinario, impostato su parole pedestri piuttosto che poetiche, così che i suoi carmi sono darecitare piuttosto che da cantare; non si adatterebbero né al coro né alla lira, a meno che non esista un corodialogico.Altrettanto entusiastiche sono le note di elogio espresse nel I sec. a.C. da Dionigi di Alicarnasso, ilquale, riportando l'ode ad Afrodite, ne evidenzia l'eufonia delle parole, realizzata nella continuità e nellalevigatezza degli accordi, e il conseguente fascino, in quanto esse sono disposte le une accanto alle altrein un ordito unico secondo certe affinità e combinazioni naturali delle lettere (De compositione verborumXXIII); né dissimile è la critica di stampo estetico espressa dallo Pseudo Longino nei confronti delcelebrato fr. 31, considerato uno degli esiti più alti nel campo della poesia, raggiunto mediante la scelta ela fusione organica degli aspetti più notevoli dei sentimenti, che si accompagnano alle ebbrezze d'amore(De sublimitate X 1-3):Così le passioni che si accompagnano alle follie d'amore Saffo le ricava dagli effetti concomitanti e dallastessa evidenza. Ma dove dimostra la sua eccellenza? Quando è in grado di scegliere i più elevati e i più tesi diquegli effetti concatenandoli gli uni agli altri.L'interpretazione biografica della sua opera, diffusa e trascritta fino al VI e VII sec., come dimostranole pergamene P.Berol. 9722 (testimone dei frr. 92-97 V.) e P.Berol. 5006 (testimone dei frr. 3 e 4 V.),continuò anche nella tarda antichità fino al periodo bizantino (vd. Phot. Bibl. 161, 103a, 39-41) e taleapproccio moralistico portò a un atteggiamento censorio nei confronti dell'autrice, considerata addiritturauna prostituta o una ninfomane (Tatian. Oratio ad Graecos XXXIII, p. 34, 20s.), e di gran parte della suaproduzione, che in tal modo andò perduta. Soltanto gli epitalami furono risparmiati e continuarono aessere apprezzati anche dai Bizantini per la loro grazia delicata e l'insuperata bellezza.Nell'età moderna si giunse pertanto a formulare giudizi su Saffo, basandosi prevalentemente su unaconoscenza indiretta e su quanto era stato detto o scritto da altri autori, come Ovidio, il quale in pochiversi della Lettera di Saffo a Faone, l'aveva descritta esplicitamente come amante di fanciulle.Così nel 1695 il francese Bayle in un articolo del Dictionnaire historique et critique, evidenziòl'omosessualità della poetessa, mentre fin dai primi anni del XIX secolo i filologi tedeschi, a partire daWelcker (1816), si adoperarono per eliminare dalla biografia quelle informazioni, che potesseroinfangarla moralmente. Ancora agli inizi del secolo scorso Wilamowitz la ritenne una morigerata e nubilemaestra di scuola o, meglio, una direttrice di collegio frequentato da giovinette aristocratiche di buonafamiglia, intente a prepararsi alla loro futura vita coniugale.Gli studiosi italiani hanno preferito non avventurarsi in ricostruzioni biografiche anacronistiche einattendibili, invece hanno privilegiato il criterio dell'interpretazione estetica, dando risalto alle qualitàpoetiche dei pochi frammenti superstiti.
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5Gennaro Perrotta, per esempio, ne ha delineato un ritratto oltremodo ideale, che puntavaall'esaltazione di una creatrice di versi d'amore, di una cultrice di bellezza, chiusa nel suo mondo raffinatoesclusivamente femminile.Grazie alle scoperte papiracee verso la metà del secolo scorso i filologi sono riusciti a raccoglieresufficiente materiale per costituire un'autonoma edizione critica delle composizioni di Saffo, che è servitaper studi più approfonditi e attendibili.Se Page, che ne fu l'editore più importante, non azzardava alcun'ipotesi sull'ambiente, sullecircostanze, sulle occasioni e sulle modalità di esecuzione di quei canti, tranne che per gli epitalami, epreferiva ricorrere a formulazioni vaghe circa l'informale recitazione dei componimenti alla presenza dialcune amiche, Merkelbach ha evidenziato concretamente gli aspetti religiosi e iniziatici, enucleabili daitesti a nostra disposizione, al fine di delinearne l'ambiente. Per lo studioso la cerchia di Saffo sarebbestata costituita da donne e fanciulle unite da comunanza di vita e di vincoli religiosi, nonché da reciprocirapporti non necessariamente erotici, come invece succedeva nell'analoga situazione della coeva Sparta.Sulle tendenze omosessuali della poetessa invece ha insistito nel 1967 G. Devereux, per darne unaspiegazione clinica basata su nozioni neuropsichiatriche.Alla fine degli anni '80 Lasserre, indotto da un antistorico atteggiamento moralistico, purriconoscendo a Saffo la dignità di sacerdotessa di Afrodite, riteneva che il suo tiaso fosse una sorta dipensionato, suggestionato dagli illuministici principi educativi propugnati dal pedagogista svizzeroPestalozzi. D'altro canto, alcuni anni dopo, Rösler e Parker ne hanno evidenziato rispettivamente leanalogie con i riti iniziatici e le affinità con le eterie alcaiche, arrivando a concludere con qualcheforzatura che la poetessa aveva operato in una società dove anche le donne si occupavano d'amore e dipolitica, escludendo, di conseguenza, ogni implicazione religiosa dalla sua cerchia femminile. L'ipotesi diseparare Saffo dalla religione è stata tuttavia considerata antistorica da Bennett, che ne ha ripropostol'immagine di insegnante. A metà degli anni '90 A. Lardinois ha infine pensato al ruolo di istruttrice dicori femminili, mentre Aloni ha demolito in modo convincente il carattere simposiale della produzionepoetica saffica, rivedendone nello stesso tempo le relazioni con la coeva realtà socio-politica di Lesbo.Spesso i critici hanno indebitamente confuso l'autore con il personaggio che ne assume il nomeagendo e parlando nei componimenti oppure con l'io poetico, senza rendersi conto che Saffo composealcuni canti perché fossero eseguiti da un coro.La prima conseguenza di questo atteggiamento è stata l'interpretazione in chiave biografica dellepoesie di Saffo o, all'opposto, un approccio estetico e puramente formale, che è del tutto estraneo allarealtà culturale di quell'epoca arcaica, quando la produzione poetica era in stretto rapporto con laconcretezza dell'esistenza quotidiana.È preferibile invece chiedersi innanzi tutto quale fosse la relazione intercorrente tra la condizione realedelle persone nominate e il ruolo assunto da queste quando operano nei carmi, i loro rapporti con glieventi storici di Lesbo, né si può dimenticare di individuare la destinazione di quei versi e lacomposizione del pubblico.In questo modo si può comprendere più agevolmente la specificità della produzione poetica di Saffo,destinata a comunicare in forme estetiche e a interagire con l'uditorio che partecipava attivamente nel dareun senso concreto alla esecuzione dei canti.Con la consapevolezza sempre maggiore dell'importanza rivestita negli studi sulla lirica arcaica dallemodalità di pubblicazione, di esecuzione e di trasmissione, dall'interconnessione tra testo poetico eoccasione del canto, dalle vicendevole influenza tra autore e destinatario, le ricerche su Saffo allo statoattuale stanno assumendo un taglio sicuramente pragmatico, palesando agganci con culti e riti dell'anticaLesbo; i risultati ottenuti sono corroborati dal confronto con le analoghe situazioni attestate in altre partidella Grecia in età arcaica, dove erano presenti e attivi omologhi gruppi maschili e femminili.4. La comunicazione poeticaNella Lesbo arcaica la comunicazione e la trasmissione del sapere erano orali e la sua conservazioneera affidata alla memoria collettiva, anche se in Grecia la scrittura era stata introdotta da almeno un paiodi secoli. Scarse o nulle sono le testimonianze di questa innovazione nell'isola fino al IV sec.; né,all'interno della produzione poetica di Saffo, sono reperibili notizie riguardanti l'impiego della scritturanelle modalità della composizione o della pubblicazione. In conformità, anche la società continuava aessere tradizionale, vale a dire era diffusa e radicata la convinzione che il comportamento umano fin daitempi antichi dovesse essere ripetitivo e dovesse rifarsi a norme basate sulle esemplari azioni delle
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6divinità o degli eroi atavici. Naturalmente gli assetti socio-politici erano concepiti immutabili; pertantoeventuali innovazioni o cambiamenti erano accettati soltanto se fossero presentati come un aggiustamentonecessario, un ritorno o una restaurazione della condizione originaria, che si era deteriorata a causadell'improvvida azione degli uomini. In ogni caso il mantenimento della stabilità e l'immutabilità eranosempre considerati indispensabili per proteggere la comunità dal deterioramento o dalla distruzione.Inoltre per la conservazione dell'identità sociale era indispensabile presupposto la consapevolezza che ilfluire del tempo non potesse incidere in alcun modo sull'esistente.In quell'ambito socio-culturale immerso nella tradizione aveva una funzione precisa il dono divinodella memoria. Le uniche figure sociali a possederla erano l'indovino e il poeta, i quali intrattenevano unrapporto privilegiato con le Muse, figlie di Memoria e di Zeus. Grazie a questo legame con le divinitàonniscienti, che rivelavano loro la storia sacra (tutte le vicende del passato, del presente e del futuro) e lirendevano pertanto maestri di verità, essi erano gli effettivi garanti e depositari del sapere comunitario.Quel sapere rivelato, però, aveva bisogno di essere conservato religiosamente nella memoria, perchétutti quanti potessero riconoscere in esso il senso dell'identità sociale della comunità, che era ilpresupposto per il mantenimento e la riproduzione dei suoi fondamenti culturali. E tale funzione eraassolta sia dal rito sia dal mito.Il rito si realizzava in una sequenza fissa di atti dimostrativi da eseguire in un tempo determinato e inun luogo prestabilito. Gli atti erano compiuti in modo formale per assicurare stabilità al gruppo e una lorocattiva esecuzione comportava la violazione del sacro e di conseguenza provocava la sanzione divina. Ilmito, invece, consisteva nell'enunciazione di un racconto, che dava origine e fondamento a unadeterminata realtà rilevante per l'intero gruppo sociale ed era accettato come vero in quanto era ripetutoincessantemente alla comunità durante le pratiche dei culti. A tale scopo, mito e rito si avvalevano delcanto, cioè di un linguaggio distinto da quello impiegato nelle quotidiane relazioni interpersonali.In pari tempo la comunicazione, rigorosamente aurale, garantiva la vitalità del sistema attraverso uncontinuo aggiornamento e un immediato adeguamento alle novità che si presentassero: lo stesso statutodella comunicazione orale consentiva di cancellare per sempre dalla memoria tutto quello che non fossepiù funzionale oppure dissonante con le esigenze dell'attualità, cosicché il messaggio, pur modificandosidi continuo per adeguarsi alle attese dell'uditorio, era percepito come immutato e quindi riconosciutocome vero.5. Le occasioni della comunicazione poeticaNell'isola di Lesbo, come nelle restanti parti della Grecia arcaica, la vita sociale era scandita damanifestazioni religiose pubbliche, le cosiddette feste periodiche, che seguivano un preciso calendario.Durante queste solennità i cittadini celebravano il comune passato, le divinità protettrici o gli eroiancestrali. Nelle specifiche circostanze erano ricordate con un componimento poetico l'impresamemorabile fondante la festa o l'occasione in cui la comunità si trovava riunita (l'aition, il racconto miticoeziologico). Nel corso dell'esecuzione, accompagnata il più delle volte da ritmi melodie e danze, insiemealla vicenda mitica il poeta faceva conoscere i paradigmi appropriati, desumendo da essi i valori etico-sociali e i modi di comportamento, che l'uditorio accettava e condivideva.Accanto alla molteplicità delle cerimonie ufficiali, esistevano altre occasioni saltuarie, che regolavanoi rapporti dei singoli con la comunità (nascite, matrimoni, anniversari, funerali) o che coinvolgevanogruppi selezionati di cittadini (le eterie), i quali si incontravano durante i simposi, dove affermavano i loroideali etici e politici, godendo misuratamente dei piaceri del vino, dell'eros e del canto (vd. Sol. fr. 24PETFr; Anacr. fr. 56 Gent.). Anche queste ricorrenze private erano caratterizzate da precisi atti rituali,che ne sancivano la correttezza formale e la conformità con la tradizione.Nelle celebrazioni pubbliche il ruolo dominante era detenuto dalla lirica sacra cerimoniale, eseguita daun gruppo corale, e dalle recitazioni rapsodiche. Nelle occasioni non ufficiali prevalevano altre formeliriche, solitamente affidate agli assolo degli esecutori.Il legame della produzione poetica con l'attività e le necessità sociali della popolazione era realizzato dalgradimento che essa suscitava nei destinatari: la comunicazione culturale, infatti, era concepitaesclusivamente come evento collettivo che si attuava grazie all'apprezzamento e all'attiva partecipazionedegli ascoltatori.Anche il ruolo di Saffo, nei momenti in cui si presentava come poeta di fronte al proprio uditorio,consisteva nel cantare eventi esemplari mitici, attinti dalla tradizione panellenica o locale, adeguandoli almomento presente, e nel rappresentare l'attualità con i tratti solenni dell'antica storia sacra. Così nel canto
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7imenaico le nozze celebrate potevano avere come punto di riferimento il matrimonio di Ettore e diAndromaca (fr. 44); mentre nella supplica a Era la tradizionale invocazione si ispirava a una preghierarivolta per la prima volta alla triade protettrice della città (Zeus, Era e Dioniso) dai Greci, quandoanticamente furono costretti a sostare nell'isola di Lesbo durante il loro ritorno in patria dopo la guerra diTroia (fr. 17):Ti prego che vicino a me appaia, Era signora, la tua graziosa figura, che un tempo con scongiuri invocaronogli Atridi, sovrani illustri. Compiute innumerevoli imprese dapprima intorno a Ilio e poi in mare, una voltasbarcati qui, non poterono ultimare il viaggio prima di aver invocato te e Zeus protettore di supplici e Dioniso,il seducente figlio di Tiona. Ora anch'io, Signora, ti supplico secondo l'antico costume.Di concerto andavano le scelte linguistiche e lessicali. Per esempio, Saffo chiamava “etere” le suecompagne (frr. 126 e 160), un vocabolo che rinviava agli omologhi gruppi maschili, ricordati nei carmi diAlceo, e usava il medesimo termine per designare Niobe e Latona, unite nel racconto mitico dallo stessovincolo amicale (fr. 142): in questo modo la poetessa riconosceva che il legame di amicizia tra le divinitàera identico a quello esistente tra le sue compagne.Poiché i canti di Saffo traevano ispirazione dalla tradizione poetica lesbia e da quella panellenica, nonè più possibile definirli in modo semplicistico “rielaborazioni di canti popolari locali” (Schneidewin,Wilamowitz, Bowra, Lavagnini), né la lingua impiegata “espressione del puro dialetto di Lesbo, privo diinfluenze letterarie” (Ahrens, Lobel, Page). In realtà i carmi confermano l'esistenza di una lingua poetica,nella quale gli elementi del parlato quotidiano locale coesistevano con le espressioni desunte dal coevodialetto ionico, come del resto aveva già insistentemente sottolineato in piena età ellenistica lo PseudoDemetrio nel suo trattato Sullo stile.Inoltre i riecheggiamenti dell'epos omerico ed esiodeo, le numerose riprese, i luoghi similiindividuabili nella lirica arcaica sono spie dell'esistenza di una dizione poetica comune, di conseguenza leconsonanze tematiche o verbali tra le poesie di Saffo con la tradizione epica derivano da quel patrimonio,che era disponibile a essere impiegato in una molteplicità di contesti, indipendentemente dalle specificheforme linguistiche o metriche.L'unità della tradizione e il suo rispetto risultano palesi nell'impiego di episodi e di personaggi mitici,proposti come paradigmi per l'enunciazione dei valori etici. Quando con accenti personali nel fr. 16 Saffoparla della “cosa più bella”, non nega i valori accettati dall'intera comunità, anzi li considera degni diammirazione, ma li mette in secondo ordine rispetto a qualcosa altro di eccellente sotto il profiloreligioso:Alcuni una schiera di cavalieri, altri di fanti, altri ancora una flotta di navi, sulla nera terra dicono sia la cosapiù bella, io invece quello per cui d'amore si è presi. È molto facile farlo intendere a chiunque; perché coleiche di molto eccelleva in bellezza tra gli esseri umani, Elena, dopo aver abbandonato il pur valorosissimosposo, andò a Troia traversando il mare, né della figlia né dei suoi genitori si ricordò affatto, ma lei traviòcontro la sua volontà Cipride dalla mente inflessibile ... facilmente ... così ora lei mi ha fatto ricordareAnattoria, che è lontana. Di lei vorrei contemplare l'incedere seducente e il luminoso splendore del volto benpiù che i carri dei Lidii e i fanti che combattono in armi.La poetessa in questi versi legittima il proprio punto di vista evocando il nome di Elena senzacontestare il giudizio negativo dato dalla tradizione sull'eroina (vd. Il. III 171ss.; Od. XI 438; Hes. fr. 176M.-W.; Alc. frr. 42 e 283 V.), la quale aveva abbandonato famiglia e patria per seguire la sua “cosa piùbella”; anzi proprio l'ambiguo episodio mitico, a cui fa riferimento, le serve per proclamare che attraversol'ineluttabile potenza religiosa dell'eros si afferma la superiore volontà di Afrodite, a cui nessun esserevivente può e deve sottrarsi.6. I canti di Saffo e il loro pubblicoIn termini generali possiamo affermare che i testi di Saffo nella scelta degli elementi formali (ritmica,metrica, lessico) e in quella dei contenuti, furono influenzati anche dalle circostanze che nedeterminarono l'esecuzione. Rispetto a questi criteri la sua produzione può essere distinta in tre gruppi.Il primo comprendeva i canti nuziali, destinati alle varie fasi della cerimonia, la cui esecuzionecoinvolgeva l'autrice e i coetanei degli sposi (frr. 23; 27; 30; 34; 104 a; 104 b; 105 a; 105 b; 107; 108;109; 110; 111; 112; 113; 114; 115; 116; 117 e 141). Per questi canti, destinati a un uditorio ampio eindifferenziato, comprendente tutta la comunità che compatta durante il percorso assisteva al corteo
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8nuziale, era impiegato un linguaggio ampiamente conosciuto, debitore della diffusa tradizione poetica,come nell'esemplare descrizione del fr. 44, dove la dettagliata narrazione del matrimonio tra Ettore eAndromaca è fatta con una dizione fortemente epicizzante, frammista a locuzioni della lingua locale:Cipro ... giunse di corsa l'araldo e, postosi nel mezzo così parlava Ideo, messaggero veloce, recando questenotizie: “La gloria imperitura accomunerà la sacra città di Ilio e la restante regione dell'Asia. Ettore e icompagni conducono dalla sacra Tebe e dalla perenne fonte di Placia la splendida ed elegante Andromaca sunavi attraverso il salso mare. Molti bracciali d'oro e vesti purpuree al soffio dei venti giungono, ornamentivariopinti e innumerevoli coppe d'argento e avorio”. Così disse. Prontamente si alzò il diletto padre; la notiziagiunse attraverso la città dalle ampie contrade agli amici. Subito le donne di Ilio sotto i carri dalle belle ruotespingevano le mule e vi montava tutta la folla delle donne e delle vergini dalle delicate caviglie. A parte lefiglie di Priamo ... e gli uomini spingevano i cavalli sotto i carri e tutti i giovani ... grandemente ... gli aurighi icocchi conducevano fuori ... simili agli dèi ... arcano, tutti balza ... verso Ilio e l'aulo dal dolce suono conl'arpa si confondevano e sonoramente lo strepito dei crotali e poi le vergini con voce acuta un canto arcanointonavano e giungeva al cielo l'eco possente ... Dovunque per le strade ... crateri e coppe ... mirra e cassia eincenso si mescolavano e le donne anziane elevavano il grido rituale e gli uomini alto facevano echeggiare ilgradito clamore, invocando Peana, il Lungisaettante dalla bella lira, ed esaltavano Ettore e Andromaca similiagli dèi.Il secondo gruppo, in cui era usato un linguaggio meno convenzionale, era costituito da componimentiin forma corale o monodica che riflettevano la vita del tiaso, ma che a volte inserivano al loro internoallusioni alle vicende pubbliche, il che fa presupporre un uditorio misto (maschile e femminile),caratterizzato da legami familiari comuni o da progetti politici condivisi.Di certo, allusioni a personaggi maschili sono attestate nel fr. 144, dove l'opinione espressa neiconfronti di una rivale di Saffo pare approvata da altri uomini, e nel fr. 37, in cui Saffo imprecaviolentemente contro un uomo che l'aveva criticata:Per il mio piangere ... chi mi biasima se lo portino i venti e le angosce.In questo gruppo si possono annoverare i canti riguardanti l'ambiente intimo e domestico, in primoluogo i componimenti dedicati alla figlia Cleide, come il fr. 98 a (vd. frr. 132 e 150), nel quale la poetessaparla dei tempi passati, dandole utili consigli e riflettendo incidentalmente sulle coeve vicende politiche,che l'avevano costretta all'esilio:... perché quella che mi generò mi diceva che nella sua giovinezza quello era davvero un grande ornamento seuna aveva la chioma legata da un nastro purpureo; ma per colei che avesse la chioma più fulva di una torciaera meglio agghindarla con corone di fiori sgargianti ... Ma da poco la fama di mitre variopinte è giunta daSardi fino alle città della Ionia ... Io, però, Cleide, la mitra variopinta non so dove procurartela: ma deviprendertela con il Mitilenese ... figlia ... avere ... se ... variopinte ... Questi ricordi dell'esilio dei Cleanattidiconserva in abbondanza la nostra città: quelli infatti si dispersero terribilmente.Rientra in questa categoria anche il fr. 5, una preghiera rivolta ad Afrodite e alle Nereidi, nella qualela poetessa formula la speranza che il fratello Carasso ritorni felicemente dall'Egitto, restauri il perdutoonore della famiglia e ricambi con il male le sventure provocate dai nemici (vd. frr. 3; 15 e 20):Tu, Cipride, e voi, Nereidi, concedetemi che mio fratello giunga qua sano e salvo, e che tutto quanto desideranell'animo suo tutto si realizzi; che cancelli tutti gli errori commessi in passato e così ci sia gioia per i suoicari e motivo di pena per i suoi nemici; che per noi nessuno sia più motivo di sventura; che voglia rendere lasorella partecipe dell'onore e dalle dolorose ansie liberi quelli ai quali in passato, soffrendo egli stesso,prostrava l'animo. ... avvertendo quello che nel suo corpo ... al biasimo dei concittadini, ma ora che ha capitonuovamente non ... se gli dèi lo vogliano, Nereidi e tu Ciprode veneranda, avendo deposto la cattiva fama ...Il terzo gruppo infine includeva poemi eseguiti all'interno del tiaso, nei quali si sviluppavano temisentimentali o affettivi nell'ambito di una situazione cultuale.In questo caso l'uditorio privilegiato era costituito da fanciulle, di cui a volte conosciamo i nomi(Attide, Anattoria, Eunica, Telesippa) o più in generale da compagne (fr. 160).Anche se l'uditorio di Saffo fu prevalentemente femminile (vd. frr. 21; 22; 56; 71+61+87 [14]; 96 e 160),la poetessa non solo rimase pienamente inserita nella tradizione, ma anche nella cultura contemporanea,adeguandosi, una volta al di fuori del tiaso, al predominante mondo maschile della società aristocraticalesbia, di cui accettava i principi etici e i canoni di comportamento sociale (vd. frr. 5 e 148).
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9Al pari di Alceo o Alcmane, anche Saffo rivestì la funzione di “poeta tradizionale” e compose canti,che desiderava fossero conservati nel tempo ed eseguiti continuamente, in altre parole mirava alla lorosopravvivenza e alla loro assunzione nel tradizionale patrimonio culturale della comunità (vd. frr. 18; 32;44 A col. II; 58 B; 127; 128; 150).7. Tiaso e religione afroditicaPossiamo affermare che il gruppo che ruotava intorno a Saffo aveva carattere cultuale, poiché dagliargomenti affrontati nei carmi della poetessa emergono indicazioni di una cospicua attività rituale al suointerno. Inoltre esso aveva una funzione preparatoria alla vita adulta per le fanciulle che ne facevanoparte. Queste ultime, provenienti da località diverse, vi trascorrevano l'adolescenza, o parte di essa,preparandosi al matrimonio e poi alla maternità: con le nozze, infatti, assumendo prima il ruolo di mogli epoi quello di madri, venivano integrate nella società.In un componimento indirizzato alla figlia Cleide, per esortarla a sopportare coraggiosamente unevento luttuoso, la poetessa definisce la propria cerchia casa dei servitori delle Muse (fr. 150), indicandocon quell'espressione un'associazione di persone dedite alle arti e al culto delle Muse (frr. 127 e 187), chea volte risultano associate alle Cariti (frr. 103 e 128), dispensatrici di grazia e bellezza (frr. 53 e 81 b). Lastessa Saffo va fiera dei doni che queste divinità le avevano concesso (fr. 32), e si vanta della famaimperitura (fr. 147), che Afrodite le aveva promesso (fr. 86+60+65), per essersi distinta dalle sue rivaliignoranti (vd. fr. 55). È probabile che da quell'adesione alla vita colta derivasse la credenza in una sorta disopravvivenza dopo la morte (fr. 95), nonché la consapevolezza di ottenere fama imperirura (frr. 55 e 58D). grazie al fatto di coltivare l'arte delle Muse e grazie al potere vivificatore della memoria (vd. Ael.Aristid. Or. XXVIII 51):Penso che anche tu abbia sentito dire che, nei confronti di alcune donne, che si consideravano felici, Saffo sivantasse sostenendo che in realtà le Muse l'avevano resa beata e invidiabile e che non sarebbe statadimenticata neppure dopo la sua morte.Al tempo stesso non manca la deplorazione per gli impedimenti imposti dalla sopraggiunta vecchiaia (frr.21 e 58 C), generalmente considerata un terribile male (vd. Il. IV 315; V 153; VIII 103; X 79; XVIII 434;XIX 336; XXIII 623; XXIV 487; Od. XI 196; Hes. Theog. 225 e 604; Op. 111s. e 331; Arch. fr. 188, 2W.; Mimn. frr. 1 e 7; Sol. fr. 18, 10 PETFr; Theogn. 728; 768 e 1131s.). Anche le fanciulle, per avere unaperfetta educazione conforme alla loro alta condizione sociale, dovevano acquisire familiarità con lapoesia e il canto, come attesta la lode indirizzata a una ragazza che aveva dimostrato eccezionali attitudiniin quel campo (fr. 56):Credo che nessuna ragazza, che abbia visto la luce del sole, in nessun tempo sarà pari a te in sapienza.Tuttavia la principale divinità nominata nei carmi è Afrodite: la dea da un lato rivestiva una notevoleimportanza per i componenti dell'aristocratica famiglia di Saffo che, grazie all'esercizio del commerciomarittimo, avevano stabilito rapporti con altre famiglie in diverse località del Mediterraneo, dove il cultoafroditico era ampiamente praticato, dall'altro occupava una posizione centrale all'interno del tiaso, comeafferma Imerio in un'orazione nella quale descrive i riti sacri in onore della dea diretti personalmente daSaffo (Or. IX 4, pp.75s.). La testimoninanza è importante, oltre che per l'intrinseco valore documentario,anche perché pone l'accento sulla ritualità e la coralità della cerimonia, nonché sulla centralità di Afrodite,che è accompagnata nel ninfeo dagli Amori sul carro delle Cariti.La valenza religiosa talvolta è soltanto implicita nella funzione paradigmatica dei miti descritti negliepitalami, come quello relativo alle nozze di Ettore e di Andromaca (fr. 44), su cui Saffo si soffermamenzionando minuziosamente le diverse fasi per enfatizzare la solennità e la sacralità della cerimonia;altre volte invece essa è esplicitata negli inni, in particolare nell'invocazione ad Afrodite, con la qualeiniziava l'edizione alessandrina delle sue poesie (fr. 1).Nei carmi, però, sono ricordate anche altre divinità che presenziavano i momenti più significatividell'esistenza femminile, quali Artemide (fr. 44 A) ed Era (vd. fr. 17), per le quali, erano celebrati ritiprivati all'interno della cerchia. Ad altre feste o a distinti ambiti cultuali erano indirizzati infine i frr. 34;140; 154 e anche il fr. 168 B, nel quale si fa riferimento a una situazione notturna, connessa con unacerimonia altrimenti ignota:La luna è tramontata e anche le Pleiadi; è a mezzo la notte, via trascorre il tempo e io giaccio sola.
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10Le attività del tiaso erano molteplici e alcune non erano finalizzate all'adempimento dei compitiistituzionali., È altamente plausibile che fossero praticate alcune attività atletiche, come accadeva anchenella città di Sparta e come lascia intendere un verso anonimo, attribuibile con buone ragioni a Saffo, incui si accenna a una fanciulla particolarmente abile nella corsa (Inc. auct. fr. 11 V.). Anche a Lesbo lefanciulle rivolgevano attenzioni alla cura del corpo, per suscitare una certa attrattiva nei giovani, masoprattutto per la necessità sociale di avere un fisico bello e robusto così da procreare figli sani e forti,futuri cittadini e difensori della città, Infatti presso il tempio di Era, la dea preposta al matrimoniolegittimo, si teneva un apposito concorso di bellezza (Kallistei`a), riservato esclusivamente alle donne,durante il quale era sancita ufficialmente la raggiunta maturità fisica (Alc. fr. 130 b, 17-20 V.; A.P. IX189; schol. Hom. Il. IX 130). D'altronde è certo che conversazioni, canti, musiche e danze arricchivanonon soltanto le celebrazioni rituali, ma anche i momenti gioiosi, le occasioni e le attrattive amoroseconsentite dalle norme operanti all'interno del gruppo. In altri termini attraverso questo percorsopaideutico le ragazze imparavano l'obbedienza alle inevitabili leggi di Afrodite.In molti carmi Saffo descrive alcune fanciulle nel momento in cui danzano, suonano e cantano congrazia (frr. 22; 58 C; 71+61+87 [14]; 94; 96 e 160), accompagnandosi con strumenti musicali, radiosenella loro bellezza (frr. 4; 16; 21; 30; 39; 44; 112 e 128), splendenti per le vesti morbide e per gliornamenti lussuosi, indossati in ossequio ai precetti del canone estetico aristocratico, che imponeva losfoggio di ricercata eleganza (frr. 29; 81; 92; 98; 101 e 103 b), la quale in fin dei conti da semprecostituisce uno dei principali strumenti di seduzione (vd. [Hom.] Hymn. Ven. 85ss.).Altri componimenti, estranei ai canti nuziali, presuppongono un'esecuzione corale e quindi unaspecifica istruzione delle fanciulle da parte di una corega: non si può escludere che le coreute silimitassero ad accompagnare il canto eseguito personalmente dall'autrice con posture, movimenticorporei, figure e passi di danza.Mentre gli epitalami contrassegnavano il momento dell'integrazione sociale, altri canti ritmavano lediverse occasioni comunitarie interne al tiaso. Per esempio, con il fr. 2, Saffo, accompagnata dall'interogruppo, invocava Afrodite, perché si manifestasse e partecipasse alla cerimonia, che si svolgeva all'apertoin un boschetto sacro, descritto come luogo idealizzato di piaceri e di gioie (locus amoenus):... scendendo dal cielo ... Qui a me da Creta vieni nel santuario venerando, dove per te c'è un graziosoboschetto di meli e altari che spargono profumo di incenso. Qui acqua fresca gorgoglia tra i rami dei meli etutto il luogo è ombreggiato di rose; fra lo stormire delle foglie si effonde profondo sopore nel santuario. Qui ilprato, pascolo di cavalle, è rigoglioso di fiori primaverili; le brezze spirano dolcemente ... Qui, Cipride,concedi di buon grado che con grazia in coppe d'oro possa versare nettare intriso di letizia.L'esecuzione di odi corali dunque connotava la cerchia femminile di Saffo, come si evince tra l'altroda un epigramma adespoto di età alessandrina; il componimento, posto a epigrafe di un'edizionescolastica dei suoi componimenti, descrive la poetessa che canta accompagnandosi con la lira, mentre uncoro di fanciulle danza in onore di Era (A.P. IX 189):Venite allo splendido recinto di Era dallo sguardo bovino, ragazze di Lesbo, muovendo con morbidi passi didanza. Iniziate un bel coro per la dea; vi guiderà Saffo tenendo tra le mani una lira d'oro. Beate per la danzagioiosa, certo il dolce canto di Calliope in persona vi sembrerà di ascoltare.Le esercitazioni corali tuttavia non erano l'esclusivo mezzo educativo, giacché una parte dellaformazione avveniva grazie alle relazioni amorose che si stabilivano tra le aderenti al gruppo, distinte peretà, come del resto succedeva anche nei corrispettivi gruppi maschili delle eterie.L'analisi esegetica del citato fr. 1 fa emergere alcune caratteristiche della produzione saffica, quali itemi preferiti, il rapporto tra la realtà e la tradizione poetica complessiva, le funzioni, le modalità el'occasione dell'esecuzione:Dal variegato trono immortale Afrodite, figlia di Zeus orditrice di reti, ti supplico, con ansie e tormenti nondomarmi, o Signora, nell'animo: ma qui vieni, se mai anche altre volte, udendo da lontano la mia voce,prestasti ascolto, lasciata l'aurea dimora del padre venisti, aggiogato il cocchio. Belli ti conducevano velocipasseri intorno alla nera terra, battendo fitte le ali, dal cielo attraverso l'etere. Subito giunsero; e tu, o beata,sorridendo nel tuo volto immortale, chiedesti perché ancora una volta soffrissi e perché ancora una volta tiinvocassi e che cosa soprattutto volessi che accadesse per me, con animo folle: “Chi ancora una volta devopersuadere a ricondurre per te al tuo amore? Chi, o Saffo, ti fa torto? Giacché se fugge, presto inseguirà, senon accetta doni, sarà lei a darli, se non ama, presto amerà anche controvoglia”. Vieni a me anche ora,liberami dagli aspri affanni, e quello che l'animo brama per me si compia, compilo, e tu stessa sii mia alleata.
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11Il componimento, in conformità con la prassi poetica greca del ripetere innovando (fare poeticoeuristico-imitativo) è impreziosito sia dal fitto impiego di un formulario, desunto dall'epos che nedenuncia l'impianto tradizionale sia da neoformazioni, che ne evidenziano la novità formale e stilistica.La struttura del componimento ricalca quella dell'inno cletico e suggerisce pertanto la sua destinazionecultuale, un rito in onore di Afrodite durante una festa non ufficiale, celebrato all'interno diun'associazione religiosa. Le stesse indicazioni interne confermano l'ipotesi e in particolare il riferimentoallo sgabello variegato, che si riferisce all'oggetto situato probabilmente nel tempio e fisicamente visibiledalle persone radunate per la preghiera (vd. frr. 86+60+65 e 40).Valore paradigmatico ha il contrasto amoroso, a causa del quale la dea è invocata. Anche la vicenda,che costituisce il fulcro del canto, è descritta in modo stereotipo (come già avvenuta più volte nellamedesima maniera con altre fanciulle) perché risulti comprensibile e riconoscibile dall'uditorio. Proprioquesta tradizionalità, senza negare la realtà dell'accaduto, ne suggerisce la verità indiscussa, in modoconforme alla coeva prassi poetica riscontrabile nella produzione di Alcmane, di Ibico e di Anacreonte.Nei canti di Saffo non è raro imbattersi in espressioni pertinenti all'eros tra persone di sessofemminile. Ci sono accenni a rapporti amorosi fra la poetessa (frr. 1 e 94) e singole fanciulle o fracompagne d'età diversa, in cui la più adulta ssume il ruolo di amante e la più giovane quella di amata. Inaltri componimenti si allude a ragazze che si erano allontanate dal tiaso per sposarsi, a conferma dellatransitorietà delle relazioni omoerotiche intrattenute al suo interno (frr. 48; 49; 54; 94 e 96). A volte sitrovano esplicite invocazioni all'entità religiosa, che costituiva l'essenza di quei rapporti (frr. 47; 54; 130;159 e 164), le cui indefinibili sembianze erano raffigurate da statue aniconiche nelle regioni, in cui il dioera oggetto di culto da tempo immemorabile (Paus. IX 27,1). In analogia con quelli maschili durante ilsimposio, attraverso Eros si instaurava il legame tra l'amante e l'amata nei gruppi femminili all'interno deltiaso. Per questo motivo il paredro di Afrodite era invocato come potenza indomabile, creatrice di tensionie suscitatrice di desiderio; anzi la sua posizione subordinata non ne diminuiva la funzione, che lungidall'essere esclusivamente complementare alla dea dell'amore, era considerata addirittura indispensabileper l'appagamento fisico del desiderio erotico.In alcuni componimenti sono descritte altre storie di amore ancora in atto, come nel fr. 48, dove Saffocanta l'appagamento di uno slancio passionale (vd. fr. 126):Venisti, bene facesti, io ti bramavo, refrigerio portasti nel mio cuore ardente di desiderio.Altri poemi si soffermano sul ricordo di felici relazioni riuscite nel passato (fr. 94):Davvero vorrei essere morta. Lei mi lasciava piangendo a lungo e così mi disse: “Ahimè, come soffriamoterribilmente, Saffo, davvero a malincuore ti lascio,” E io così le rispondevo: “Va', sii felice e ricordati di me,sai, infatti, come ti avevamo a cuore; altrimenti io voglio richiamarti alla memoria le tue parole e quantepiacevoli e belle esperienze provavamo. Molte corone di viole e di rose e di crochi accanto a me ti ponestiintorno al capo e gettasti molte ghirlande, intrecciate intorno al collo delicato fatte di fiori e con abbondanteunguento floreale ... e con balsamo regale ti ungesti. E su morbidi coltri dalla delicata Sardi ... appagavi ildesiderio di fanciulle ... Non c'era alcuna festa nuziale né santuario né .. da cui fossimo lontane, né boscosacro, né luogo di danza, né strepito di crotali ...I carmi, in particolare i frr. 16; 94; 95 e 96, sono imperniati sul tema della lontananza. Frequenti,infatti, erano nel gruppo i momenti del distacco, quando le ragazze raggiungevano l'età biologica percontrarre il matrimonio. Anche questi componimenti erano inseriti nella tradizione lesbia, relativa adAfrodite, ed erano contrassegnati da una forte tensione emotiva, formalizzata verbalmente attraversol'assunzione di un lessico desunto dall'epica. Tuttavia l'uscita dal tiaso non era avvertita come untradimento, bensì come una necessità inevitabile; proprio allora, quando il legame fisico si interrompeva,se ne riaffermava l'intensità e l'ardore con un canto appropriato (fr. 31):Mi sembra che sia pari agli dèi quell'uomo che di fronte a te siede e da vicino ascolta attento te, chedolcemente parli e sorridi amabilmente; questo davvero il cuore nel petto mi sbigottisce: come, anche perpoco, ti guardo ecco che non riesco più a parlare, ma la lingua è spezzata, un fuoco sottile subito sotto la pellesi è diffuso rapidamente, con gli occhi nulla vedo, le orecchie ronzano, su me il sudore si spande e un tremitotutta mi cattura, più verde dell'erba sono, poco lontano dall'essere morta sembro a me stessa.Nel momento del distacco, compreso nella sua ineluttabilità, avvertito con dolore e tristezza, ci siabbandonava ai canti, ricordando le piacevoli esperienze condivise in precedenza (frr. 94; 96 e 16).In particolare la lettura del fr. 96 consente di cogliere preziose indicazioni sulla funzione della poesiasaffica:
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12Spesso qua volgendo la mente considerava te simile a una splendida dea e gioiva soprattutto del tuo canto. Maora lei si distingue tra le spose lidie come talvolta, dopo il tramonto del sole, la lunadalle dita di rosa sovrastando tutte le stelle. Diffonde la luce egualmente sul mare salmastro e sui campirigogliosi di fiori. La bella rugiada è sparsa e sono sbocciate le rose e i delicati cerfogli e il melitoto fiorito.Spesso si aggira, memore della delicata Attide, e per il desiderio mordace nel fragile cuore quasi si divora. Eandare laggiù noi ... questo non ... frequente fa risuonare ... nel mezzo. Per noi non è facile eguagliare le dee inamabile bellezza, ma tu hai ... attraverso il cielo e a noi ... Afrodite ... versava nettare da un'aurea coppa ... conle mani Persuasione ... al tempio di Geresto ... amiche ... di nessun ...Motivo centrale è la separazione tra due persone di sesso femminile con il conseguente dolore che lalontananza provoca in quella che rimane ancora all'interno del gruppo. Tutta la situazione è descritta inmodo articolato su una diversità di piani spaziali e temporali, nei quali agiscono personaggi, alcuni deiquali sono evocati dal passato attraverso la memoria. Dal canto scaturisce come messaggio consolatoriol'assunto che non esiste contraddizione tra l'eros esistente all'interno della cerchia femminile(rappresentato tra la persona rimasta e quella lontana) e il destino matrimoniale, che è l'esito inevitabileper tutte le ragazze che frequentano il tiaso e che segna la fine definitiva della relazione omoerotica;inoltre, il dolore provocato dall'allontanamento della fanciulla, può essere sopportato e addolcito dalricordo delle gioie godute nel passato.Certo l'uditorio femminile cui si rivolgeva Saffo mutava nel tempo, per l'inevitabile ricambiogenerazionale, scandito dalla partenze delle giovani, che lasciavano il tiaso per sposarsi. Ma esso, chetrovava la ragione della propria coesione nella venerazione di Afrodite e nei legami erotici che sicreavano al suo interno, attraverso l'esecuzione del canto rinsaldava la propria solidarietà internaattraverso l'invito della condivisione dell'opinione espressa.Già gli antichi avevano riconosciuto il ruolo educativo di Saffo nel tiaso, come ci ragguagliano ilcitato papiro del II sec. d.C., che impiega il participio paideuvs ousa per connotare l'attività della poetessa,l'articolo a lei dedicato nel lessico Suda, senza contare un famoso brano di una conferenza Sull'amoresocratico di Massimo di Tiro, nel quale l'autore la paragona a Socrate, ponendo in rilievo l'importanzadell'aspetto didattico e formativo connesso con le relazioni omoerotiche (Dialexis XVIII 9):Ciò che Alcibiade Carmide e Fedro furono per Socrate, questo furono Girinno Attide e Anattoria per lapoetessa di Lesbo; ciò che per Socrate furono gli avversari Prodico Gorgia Trasimaco e Protagora, questa perSaffo furono Gorgò e Andromeda: ora le biasima, ora invece le rimprovera usando la medesima ironia diSocrate.Le ricerche semantiche hanno messo in chiaro le strette affinità dei canti di Saffo con la superstitepoesia arcaica di argomento omoerotico, destinata non solo agli ambienti femminili, come i Partenii diAlcmane, ma anche a quelli maschili, raccolta in gran parte nel secondo libro della Silloge teognidea.In particolare l'accostamento con la realtà contemporanea di Sparta ha indotto a ritenere che anchenell'isola di Lesbo esistessero associazioni cultuali femminili, all'interno delle quali fanciullearistocratiche apprendevano canti e movenze di danza da eseguire durante specifici riti; grazie aquest'apprendistato, nonché attraverso la frequentazione con donne sposate, appartenenti alla medesimacerchia, acquisivano i necessari tratti di grazia e di bellezza, indispensabili per essere ammesse alla vitaadulta così da assumere il ruolo di mogli e di madri.Diversamente da Sparta, tuttavia, nella città di Mitilene le cerchie femminili non erano inseriteall'interno delle pubbliche istituzioni cittadine ma, pur avendo un riconoscimento sociale, gravitavanoattorno alle grandi famiglie aristocratiche. La realtà politica, gravemente tormentata dalle lotte civili,aveva disancorato questi tiasi dalla loro primaria dimensione ufficiale e li aveva relegati probabilmentenel privato e riservato ambiente familiare, caratterizzato da cerimonie religiose non necessariamentecoincidenti con quelle pubbliche.La funzione formativa non escludeva né l'attenzione agli avvenimenti politici, tanto vero che dalMarmor Parium sappiamo che la poetessa fu esiliata per alcuni anni in Sicilia, né un adeguato sostegnoalla propria famiglia contro i gruppi avversari, attraverso invettive contro le rivali, appartenenti ad altrecerchie: dai canti saffici emergono, infatti, da un lato lo stretto rapporto del tiaso con l'ambito familiare,dall'altro l'aperta rivalità con altri gruppi analoghi, schierati politicamente in campo avverso.A proposito risultano interessanti alcuni frammenti in cui compaiono riferimenti aggressivi apersonaggi e a vicende estranee al tiaso.Nel fr. 71+61+87 (14) era attaccata aspramente Mica, una fanciulla che aveva abbandonato la cerchiasaffica preferendo l'amicizia delle Pentilidi, probabilmente Andromeda:
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13... non è lecito che tu, Mica, rida di noi ... ma io non te lo permetterò, ... preferisti l'amore di una Pentilide equesto ha morso, o volubile, i nostri cuori ...Nel fr. 155 si legge ancora un'ironica allocuzione indirizzata a una ragazza appartenente al ghenos deiPolianattidi, forse Gorgò, acerrima nemica della poetessa.:Tanti saluti da parte mia alla figlia del PolianattideLe rivali erano apertamente insultate per la smodata lussuria (fr. 144), per la loro insolente arroganza(frr. 68 a+70+75 a; 90 e 133), o per il loro rozzo portamento nel fr. 57:Quale zotica ti ammalia la mente ... e chi, vestita di zotica veste ... non sa far calare i suoi straccetti fino allecaviglie?e per la mancata frequentazione con le arti delle Muse nel fr. 55:Morta giacerai, né più alcuna memoria di te vi sarà mai in avvenire: non hai parte delle rose di Pieria, masconosciuta anche nella dimora di Ade ti aggirerai vagando tra le tetre ombre di morti, quando sarai volatavia da qui.Qui Saffo proclamava la convinzione nella capacità della memoria poetica di concedere la famaimmortale anche nel regno dei morti, di cui, però, la sua ricca rivale, ignorante e insensibile (Plut. Quaest.conv. II 1, 2, 646e-f; Praec. coniug. 145f-146a; Stob. III 4, 12), non avrebbe mai potuto godere (vd. fr.147).La sua aggressività giambica, pur esprimendosi nei modi e nelle forme della poesia di Lesbo, tuttaviaaveva le medesime valenze e gli stessi obiettivi di quell'usata in area ionica da Archiloco e da Ipponatte.Esemplare è, a questo proposito, una parte del fr. 68 a+70+75 a:... alla mia terra una contesa all'improvviso mi cacciò via ... tuttavia il ricordo fu non pari agli dèi. ma andròall'attacco della trista colpevole di quei tormenti e di queste ansie; con dolore la beata Artemide, che dall'altodomina, condurrà sotto il carro Andromeda, in modo che quella avrà vergogna del suo carattere non gentile,ma duro ...nonché l'ode, recentemente ricostruita da F. Ferrari, grazie alla combinazione di alcuni lacerti papiracei,contro la sua acerrima rivale Andromeda (fr. 86+60+65):... tranquilla ... tu, che da Zeus egioco ottenesti in sorte ... i bei ... vieni in mio soccrorso, o Citerea, che tiprego, ... con animo propizio ... ascolta la mia preghiera se mai anche un'altra volta... avendo lasciato Cipro,...al mio grido venisti ... per aspro affanno ... dagli dèi beati avendo ottenuto ... e anche questo mio male tuvoglia eliminare; perciò tu, che fra tutte sei la dea dai pensieri più astuti, dai compimento al mio desiderio. Tucerto eri solita appagare ogni mia invocazione e per realizzare questo proposito adesso aiutami secondol'animo mio. La dea mi rispondeva così: "Per te non è disdicevole questo motivo e quello che tu vuoi ...ottenere non è affatto eccessivo da avere ... infatti non può combattere con me neppure Andromeda, ma per ciòche ha fatto confidando in una vita voluttuosa non potrà sfuggire agli immortali; tu infatti sai bene che Nemesicolpisce chi medita infamie e prevale su tutti. O Saffo, poiché ti ama applicò al carro le ruote e per te laveneranda sovrana di Cipro andò a supplicare Zeus e il Cronide le accordò di concederti un grande dono: chetutti quanti il Sole splendente circonda con i suoi raggi ... ovunque siano raggiunti dalla tua nobile fama ... eche tu sulle rive di Acheronte ...Altri frammenti, in conformità con la consuetudine invalsa nei giambografi arcaici, contenevanoinvettive rivolte alle amiche per certi comportamenti aberranti (frr. 71+61+87 [14] e 91) contrari allaraffinatezza e al buon gusto che distinguevano il tiaso saffico (vd. fr. 82).I rapporti all'interno del gruppo, in effetti, non erano sempre idilliaci: a volte nascevano screzi edissapori, descritti poi nei canti eseguiti durante gli incontri con le compagne. Così Irene fu definita “lapiù fastidiosa” tra le ragazze (fr. 91), Girinno fu considerata “arrogante e vanitosa” (fr. 90 a col. III,13ss.), dopo l'incrinatura degli amichevoli rapporti con Saffo, come era successo tra le dee Niobe eLatona (fr. 142). Quella situazione non fu eccezionale, poiché altri e più gravi dissensi si manifestaronoprovocando l'abbandono del gruppo, come capitò nel caso dell'amata Attide (fr. 49, vd. fr. 96) che passònel gruppo di Andromeda, una nemica di Saffo (fr. 130):Ancora una volta Eros che le membra scioglie mi tormenta, dolce-amaro irresistibile rettile ... Attide, a tevenne a noia darti pensiero di me, ma voli da Andromeda.In ogni caso l'aspetto educativo e formativo, comune a tutta la poesia arcaica, emerge dai brani in cui
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14sono enunciati valori e norme, che il gruppo femminile doveva apprezzare e condividere. Attraverso lacelebrazione di Afrodite la poetessa educava le sue compagne ad apprezzare la grazia e l'eleganza, adavere familiarità con l'eros e a essere preparate ad affrontare la condizione di moglie e di madri.8. ConclusioniIl fatto che Saffo fosse una donna è stato considerato un dato con il quale bisogna fare i conti, quandosi leggono i suoi versi. Però, la sua predilezione per alcuni argomenti non ne evidenzia la marginalitàrispetto al mondo maschile, bensì l'adesione a una concezione della società nella quale alla donna erademandato il compito di procreare figli, che perpetuassero la famiglia difendendone potere e prestigio,nonché quello di fare nascere cittadini, disposti a combattere fino al sacrificio della vita per lasalvaguardia della città. Nei suoi versi la poetessa lesbia propugnava i valori e biasimava i comportamentinon consonanti con l'ideologia aristocratica dominante a lei contemporanea; e ciò indica un'intensa econvinta partecipazione alle vicissitudini della sua famiglia, coinvolta come protagonista nella vitapubblica di Mitilene. Una volta al di fuori del tiaso i suoi comportamenti si conformavano alla condottasociale tradizionale; così negli attacchi alle avversarie usava mezzi coincidenti con quelli propri delmondo maschile (vd. i citati frr. 37; 57 e 55).Se volessimo considerare la sua produzione poetica sarebbe inappropriato separare Saffo dagli altripoeti arcaici. Da studi recenti sulle norme compositive, sulla dizione, sulla metrica, sul patrimoniomitologico, sui modi e sulle forme dell'esecuzione, emerge, infatti, il ritratto di un poeta, inserito a pienotitolo nel panorama della cultura tradizionale greca: si pensi da un lato al suo fare poetico simile a quellodei lirici arcaici e in particolare d'Alcmane, dall'altro alle consonanze tematiche con Solone, Ibico,Anacreonte, Teognide.La definizione di abnormals, data da qualche studioso, ad alcuni componimenti saffici intessuti diepicismi, con tratti lessicali, morfologici e sintattici estranei al dialetto lesbio è addirittura inopportuna efuorviante, per la riconosciuta pervasività della tradizione poetica e la continua osmosi tra i diversi filoniculturali coevi all'epoca in cui visse Saffo. L'imbarazzo degli studiosi di fronte alla figura di una poetessain apparenza anomala, non pare giustificato, ma dipende da un pregiudizio androcentrico e misogino,ereditato da un antico filone culturale che trovò in Atene sistemazione ideologica e diffusione, come sievince da un notissimo brano corale della Medea euripidea (vv. 421ss.):Alla nostra conoscenza non concesse il divino canto della lira Febo, signore di melodie, giacché come rispostaavrei fatto risuonare un canto contro la razza degli uomini.Più avanti nella tragedia, però, quando non è più urgente e funzionale l'opposizione dicotomica deisessi, il coro ammette (vv. 1081ss.):Già più volte affrontai ragionamenti sottili e mi accostai a discussioni più grandi di quanto la razza delledonne debba ricercare. Anche per noi, però, c'è una musa che conversa parlandoci di sapienza; però, non pertutte, ma fra molte forse potresti trovare un piccolo gruppo di donne non incolte.In ultima analisi dopo avere affrontato la lettura dei frammenti saffici, tenendo conto dei contenuti,della loro funzione, del senso che essi ebbero nell'ambito della comunità, nella quale la poetessa operò, sideve prendere le distanze sia dagli atteggiamenti idealizzanti, antichi e moderni, per i quali Saffo fusolamente l'autrice di versi formalmente perfetti sia dai secolari pregiudizi moralistici, suggeriti da normeetiche contemporanee, su fatti e situazioni avvenuti in epoche distanti nel tempo e in cultureinevitabilmente diverse dalla nostra.*** In questa sede desidero ringraziare gli illustri colleghi Vincenzo Di Benedetto e Franco Ferrari, che in diverse e separateoccasioni sono stati oltremodo generosi nei miei confronti, comunicandomi preziosi suggerimenti, indispensabili consigli eopportune segnalazioni di refusi e sviste. Naturalmente gli errori rimasti sono ascrivibili soltanto al Curatore. G.T.
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15ANTOLOGIAL'edizione di riferimento è quella a cura di E.M. Voigt, Amsterdam 1971; le divergenze sono opportunamente segnalatenelle note.
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161poi⌋kilovq ro⌊nÆ ajq anavt ÆAfrovd ita,pai`⌋ D⌊iv⌋ o" dol⌊ovploke, livs somaiv se,mhv mÆ⌋ a[s aisi ⌊mhdÆ ojn iva isi davm na,povt n⌋ia, qu`⌊mon,4ajl l⌋a; tuivd Æ e[l⌊qÆ, ai[ pota kajt evr wtata;⌋" e[m a" au[⌊da" ajivo isa phvl oie[k⌋lue", pavt ro⌊" de; dovm on livpoisacruvs ion h\l q⌊e"8a[r⌋mÆ ujp asde⌊uvx aisa: kavl oi dev sÆ a\g onw[⌋³kee" strou`⌊qoi peri; ga`" melaivn a"puv⌋kna divn⌊nente" ptevr Æ ajpÆ wjr avn wi[q e-ro⌋" dia; mevs sw:12ai\⌋ya dÆ ejx ivk o⌊nto: su; dÆ, w\ mavk aira,meidiaiv⌊saisÆ ajq anavt wi proswvpwih[⌋reÆ o[t t⌊i dhu\t e pevponqa kw[t tidh⌋u\t e kav⌊lh⌋mmi16k⌋w[t ti ⌊moi mavl ista qevl w gevn esqaim⌋ainovl ai ⌊quvm wi: tivn a dhu\t e peivq wmÆ a]⌋y³ s³Æ a[g hn ej" sa;n filovt ataÉ ti" sÆ, w\Yav⌋pfÆ, ajd ivk hsiÉ20Dal variegato trono1 immortale2 Afrodite, figlia di Zeus orditrice di reti3, ti supplico4, con ansie e tormenti nondomarmi5, o Signora, nell'animo: ma qui vieni, se mai anche altre volte6, udendo da lontano la mia voce, leprestasti ascolto7, lasciata lÆaurea


 
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